COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO

Motivazioni teologiche e pastorali 

  1. Il compito dell’evangelizzazione e promozione umana in una terra e in un popolo, spetta di diritto alle Chiese locali e non è corretto intervenire dall’esterno, in modo consapevole o inconsapevole, in quel territorio senza tener conto che già è presente una Chiesa locale.
  2. Quando si è chiamati da una emergenza o da una situazione di bisogno di evangelizzatori ed operatori, l’atteggiamento teologico ed ecclesiale più corretto, per servire il Regno mediante quella Chiesa, è quello di chi vuole prima di tutto imparare, ascoltare in profondità la realtà personale, sociale, culturale, storica, civile ed ecclesiale delle comunità e popoli che si incontrano nello spirito di cooperazione. Questo avviene nello stile ed atteggiamento del dialogo e dello scambio.
  3. Lo scambio di doni (non semplicemente l’aiuto) come viene vissuto e attuato nella Chiesa primitiva: “Per il momento vado a Gerusalemme, a rendere un servizio a quella comunità; la Macedonia e l’Acaia infatti hanno voluto fare una colletta a favore dei poveri che sono nella comunità di Gerusalemme. L’hanno voluto perché sono ad essi debitori: infatti, avendo i pagani partecipato ai loro beni spirituali, sono in debito di rendere un servizio sacro nelle loro necessità materiali. Fatto questo e presentato ufficialmente ad essi questo frutto, andrò in Spagna passando da voi. E so che, giungendo presso di voi, verrò con la pienezza della benedizione di Cristo. Vi esorto perciò, fratelli, per il Signore nostro Gesù Cristo e l’amore dello Spirito, a lottare con me nelle preghiere che rivolgete per me a Dio, perché io sia liberato dagli infedeli della Giudea e il mio servizio a Gerusalemme torni gradito a quella comunità, sicché io possa venire da voi nella gioia, se così vuole Dio, e riposarmi in mezzo a voi. Il Dio della pace sia con tutti voi. Amen” (Rm 15,25-32).
  4. La comunione si fonda nella reciprocità e si visibilizza nello scambio dei doni. La Chiesa è per sua natura una comunità di ricezione. I rapporti di reciprocità vanno impostati, continuati e reimpostati.
  5. La missione è un fatto di fede, è l’indice della nostra fede in Cristo e nel suo amore per noi. La reciprocità e l’evangelizzazione (laicamente: comunicazione) ha la sua radice nella gioia della fede. Dove non c’è comunicazione (apertura) di questa, dove non c’è missionarietà, manca una coscienza viva della fede. La reciprocità richiama la cooperazione e questa impegna tutti i cristiani in vista dell’evangelizzazione. La cooperazione fra le Chiese diventa un segno di evangelizzazione nel Paese. La cooperazione realizza un interscambio di carità ecclesiale e di dinamismo missionario. Diviene una qualità essenziale nel coinvolgere e raggiunge l’uomo concreto e i popoli nel loro contesto vitale.
  6. Le comunità potenziano i vincoli, le relazioni fraterne con caratteristiche creative e dinamiche. La cooperazione, nell’evangelizzazione, si realizza nella prossimità, nell’ascolto, nel saper dare e ricevere.

Gemellaggi e rapporti solidali

  1. Sono un valido strumento per esprimere la solidarietà di Chiese diocesane italiane nei riguardi di Chiese sorelle all’estero.
  2. Sono un’occasione per rivedere la propria impostazione pastorale e uno stimolo per far crescere la mentalità di comunione allargata.
  3. È una opportunità per favorire il passaggio dalla carità come elemosina episodica, alla carità come condivisione; dalla carità che dà cose a quella che offre disponibilità, attenzione, coinvolgimento in prima persona dei vari componenti la comunità.
  4. Per le Chiese sorelle è un’opportunità per responsabilizzare la gente ad una responsabilità diffusa e partecipazione alla edificazione della propria comunità e sviluppo.

Dimensione pastorale

  1. I gemellaggi da semplici fatti di solidarietà si possono trasformare in avvenimenti pastorali coinvolgenti la comunità cristiana in un progetto pastorale unitario.
  2. La comunità acquista la consapevolezza della propria crescita maturando il senso di accompagnamento, percorrendo un tratto di strada assieme.
  3. La comunità matura il valore della reciprocità, viene educata all’attenzione dell’altro, al coinvolgimento, alla condivisione, a rivedere i propri modelli di vita, a saper ricevere, a mettersi in discussione, a crescere assieme.
  4. La comunità cresce nella comprensione, nella pazienza condividendo le situazioni della vita quotidiana, le paure, le tensioni e gli interrogativi ad essa legati. La prossimità favorisce il superamento del pregiudizio e del facile giudizio.
  5. La comunità impara la fedeltà e la continuità dell’impegno nel tempo. Sperimenta l’importanza del percorrere una strada assieme e della fedeltà e consolidamento dei legami che si stabiliscono.

Implicazioni pastorali

  1. A partire dall’esperienza della condivisione. La Chiesa e comunità è chiamata a misurarsi con sensibilità nuove, nuove culture e religioni, problematiche ecclesiali, politiche, sociali ed economiche diverse e problematiche.
  2. A partire dalla propria visione ecclesiale. La Chiesa, comunità sperimenta che la missione e la carità non sono un momento, un episodio della Chiesa e della propria vita di fede, ma la dimensione costitutiva delle stesse. La Chiesa è chiamata a testimoniare ed annunciare con gesti e segni significativi.
  3. La carità/missione va vissuta in modo sistematico, costante e in un orizzonte senza confini, non come un impegno periferico, episodico e una generica istanza etica. Per questo prospera all’interno di una pastorale organica che utilizza organismi di educazione, sensibilizzazione, responsabilizzazione e coinvolgimento delle persone e comunità.
  4. I soggetti che interagiscono sono Chiese sorelle e comunità cristiane. Queste vogliono vivere la comunione e la condivisione, la solidarietà (importanza di dare ai poveri i mezzi, sostenere il loro diritto di condividere i beni della terra e promuovere il loro compito e ruolo nell’evangelizzazione. “È la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune, vincere atteggiamenti e strutture di peccato, perdersi a favore dell’altro, servirlo invece di opprimerlo per proprio tornaconto” … Sollicitudo R.S.) e la sussidiarietà. Queste richiedono una pianificazione congiunta, da trasparenza ed affidabilità, da apertura e sensibilità ai bisogni altrui.
  5. Sottolineare e proporre un’immagine positiva e degna della Chiesa sorella evitando gli stereotipi, cogliendo non solo le tragedie e miserie, ma anche le speranze e i successi. Dobbiamo rivedere, ad esempio, l’immagine che abbiamo sull’Africa e i poveri, soprattutto se avvertiamo che anche i nostri Missionari contribuiscono a diffonderla e consolidarla.
  6. Quando una comunità si attiva nello stile della reciprocità è attenta:
    • Alla cultura e stili di vita;
    • Al contesto ecclesiale (proprio e dei fratelli);
    • Al dialogo con i responsabili ecclesiali;
    • Alla sinergia pastorale tra i vari ambiti e settori (coinvolge i soggetti ecclesiali della pastorale).

Occorre permeare il nostro lavoro con i tre principi di evangelizzazione: 

  1. Annuncio/denuncia;
  2. Formazione/trasformazione;
  3. Servizio/testimonianza.